Incidentalità ferroviaria

Spazio dedicato alle linee ferroviarie appartenenti alle FS, alla loro storia e ai loro servizi.

Messaggioda Macaco » 23/12/2015, 20:11

Ci ha tratto in inganno il "vecchietto" . :) :mrgreen:
Il fatto successe nel 1962 e non 1960.
Vi posto il resoconto prelevato dal sito Macchinistisicuri.
==========
Nella notte dell'8 marzo 1962 il treno Direttissimo n. 152 proveniente da Lecce in direzione Milano con circa 500 passeggeri a bordo (per alcune fonti circa 1000), deragliò poco prima dell'ingresso nella stazione di Castel Bolognese.
Nell'urto perirono 13 viaggiatori e altri (a seconda della fonte in numero pari a 127 o 93) rimasero feriti. Il treno era composto dalla locomotiva FS E.428.217 che trainava un convoglio di 16 carrozze in prevalenza di tipo "Corbellini", dal carro postale e dal carro bagagli.
Le cause del disastro vennero individuate dalla eccessiva velocità con cui il treno impegnò il ramo deviato, sul quale la velocità massima prescritta era di 30 km/h; il locomotore deragliò, si rovesciò sul fianco destro e strisciò per circa cento metri prima di fermarsi, le prime carrozze (su cui si registrarono le vittime) ne seguirono le sorti mentre le ultime non deragliarono, ma subirono una violenta decelerazione.
I funerali di undici delle tredici vittime si svolsero nella chiesa di San Francesco con la partecipazione di una folla molto numerosa e dei rappresentanti delle autorità.
Nel mese di dicembre 2014 l'uscita del libro che ricostruisce i fatti della tragedia e del processo svoltosi a Ravenna ha portato alla luce che, in realtà, le vittime del disastro ferroviario furono 14 e non 13 come creduto fino a quel momento. Il numero dei feriti non fu mai accertato con precisione nemmeno dagli inquirenti, stante il fatto che molti viaggiatori proseguirono il loro viaggio già l'indomani e si fecero curare nelle rispettive destinazioni. Non mancarono, infine, casi di persone che sostennero di essersi trovate sul treno lamentando dolori che i medici non certificarono, al solo scopo di poter attingere agli ingenti risarcimenti delle ferrovie. In questo senso il dato ufficiale fornito dal Ministro dei Trasporti di allora stima il numero dei feriti in 186 dei quali, numerosi, riportarono ferite gravi e permanenti. Alcune persone subirono serie amputazioni agli arti.
La responsabilità unica del disastro venne attribuita al macchinista marchigiano Ennio Covacci, che il Tribunale di Ravenna condannò a 5 anni e 8 mesi di reclusione mentre al suo vice Otello Manzi non venne contestato alcun reato in quanto - sostenne il Tribunale - nella sua veste di aiuto macchinista avrebbe potuto sostituirsi al titolare solamente in caso di sua effettiva impossibilità di assolvere i suoi compiti. In realtà entrambi i macchinisti dimenticarono la nuova limitazione che prevedeva il cambio di velocità dai 110 km/h previsti in linea ai 30 km/h previsti all'ingresso in stazione per poter compiere il passaggio da un binario all'altro (in gergo tecnico deviata) a causa di lavori di rifacimento dei binari. Alla catena degli eventi che portò al disastro contribuì anche la presenza in cabina di guida di un operaio delle ferrovie salito alla stazione di Forlì (la penultima prima del disastro) al fine di verificare la tensione elettrica lungo la linea.
Il disastro ferroviario di Castel Bolognese contribuì anche a scatenare numerose polemiche nei confronti dell'Amministrazione ferroviaria, che proprio a Castel Bolognese attuò uno stratagemma per limitare il ritardo dei treni, impostando i semafori di avviso, protezione e partenza al verde malgrado l'ingresso in deviata e consegnando ai macchinisti le prescrizioni di linea attraverso il Modulo M40. In quella situazione, infatti, i regolamenti allora in vigore prevedevano una diversa disposizione semaforica. L'impostazione, particolarmente contestata già nei giorni precedenti al disastro da numerosi macchinisti, venne abolita subito dopo il deragliamento.
(fonte: http://it.wikipedia.org/wiki/Incidente_ ... _Bolognese). Visita anche la pagina web dedicata al tragico evento...http://www.castelbolognese.org/miscella ... -del-1962/
Gaetano.
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Messaggioda ssb » 24/12/2015, 11:35

Apperò! Quella dei segnali al verde con M40 è una chicca!
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Messaggioda sincrono » 25/12/2015, 21:23

Difatti! Come aumentare le probabilità perchè si verifichi un incidente...
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Messaggioda fas » 02/01/2016, 14:01

INCIDENTE 3


Stazione di XXX. Linea a doppio binario . Un espresso travolge una mandria di bufali sulla sede ferroviaria. Sviando il locomotore occupa il binario adiacente dove viene investito da un altro espresso. Nello scontro e nel deragliamento delle vetture si hanno 12 morti e 72 feriti.
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Messaggioda Macaco » 02/01/2016, 14:14

«...Verso la fine degli anni 70 sulla parte meridionale della linea tirrenica si verificò, in un pomeriggio estivo, l'invasione della sede ferroviaria da parte di una numerosa mandria di bufali allo stato brado. Le bestie anziché attraversare la linea e liberarla si diedero a percorrerla in fila indiana, cosicché un treno viaggiatori sopravvenne a velocità sostenuta le investì progressivamente provocando lo svio del locomotore, che si inclinò verso il binario limitrofo occupandone parzialmente la sagoma.
Pur nella sua evidente gravità l'incidente non aveva fino allora determinato importanti conseguenze per le persone e per le attrezzature e la situazione si sarebbe probabilmente stabilizzata con l'uccisione di qualche bufalo e lievi danni al materiale se gli operatori competenti avessero giustamente valutato la situazione e avessero operato come chiaramente prescritto dalle norme regolamentari.
In particolare, il Capotreno non utilizzò i mezzi di allarme a sua disposizione (torce e petardi) e non ordinò al conduttore di proteggere il punto in soggezione con segnale a mano correndo verso la direzione da cui poteva provenire un altro treno.
Dal canto suo, il Dirigente Centrale che ricevette la notizia telefonica dell'accaduto, pur avendo sott'occhio il grafico della circolazione, non riuscì ad arrestare la corsa di un altro convoglio viaggiatori che si stava avvicinando a notevole velocità, in senso inverso, al punto dell'incidente.
In realtà egli avrebbe potuto allertare un posto della linea presenziato, prossimo al locomotore sviato e, contemporaneamente far togliere corrente alla linea aerea.
Tenuto conto che fra il verificarsi del primo svio ed il sopraggiungere del secondo treno intercorse un tempo di alcuni minuti, è probabile che interventi più lucidi e pronti da parte degli operatori suddetti avrebbero evitato l'aggravarsi della situazione.
Invece il treno in corsa finì addosso al locomotore sviato con conseguenze gravi per le persone e per il materiale: morti,feriti, danni gravissimi alle attrezzature dell'esercizio, ecc...».
==========
Questo è quanto si legge alle pagine 272 e 273 del libro di Pasquale De Palatis - Regolamenti e sicurezza della circolazione ferroviaria. Esperienza ed etica - CIFI - 1995 - Capitolo IV - Gli incidenti d'esercizio - Interventi ed accertamenti.

continua...
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Messaggioda Macaco » 02/01/2016, 18:06

Il De Palatis ha prelevato tale brano da un altro testo ferroviario: Aspetti organizzativi e tecnici dell'esercizio ferroviario - di Mario Bianchi e Filippo Cesari - CAFI - 1991 – pagine
238 e 239 - Capitolo XXII. Procedure per gli accertamenti relativi a rilevanti incidenti ferroviari. Punto 5.1 - Interventi di soccorso e regolamentari.

Però, senza mancare di rispetto agli autorevoli autori, avrei un'altra versione della vicenda e conseguenti differenti giudizi sull'operato degli agenti ferroviari coinvolti.

Gli autori ferroviari citati hanno scritto stando a debita distanza sia dall'evento che dai...binari.
Al pari dei giornalisti dell'epoca che, pur essendo intervenuti sul posto, hanno potuto raccontare solo ciò che hanno visto o sentito.
Gli amici che si interessano di incidentalità ferroviaria sanno benissimo che una «verità» è possibile rilevarla solo dalla lettura dei risultati delle inchieste svolte dagli organi aziendali e dalla magistratura. «Carte», ovviamente, non accessibili a tutti. Però anche in quelle carte si legge solo una ricostruzione di quanto successo, mettendo insieme tante tesserine di un complicato mosaico.
Facendo appello alla mia esperienza, e notizie raccolte nell'ambiente ferroviario, cercherò di portare il mio contributo ad una maggiore informazione sul triste evento.
Mi soffermo solo su alcuni particolari su quanto riportato nel precedente intervento.
- L'incidente avvenne prima dell'alba di una giornata autunnale, con scarsa visibilità, e non in un pomeriggio estivo.
- L'analisi sui comportamenti avuti e su quello che si sarebbe dovuto fare viene fatta «a freddo» non tenendo conto dello stato emotivo degli interessati.
- L'affermazione «come chiaramente prescritto dalle norme regolamentari» la trovo un poco «forzata» in quanto quelle norme sono «generiche» e non specifiche.
- Non è dato sapere quanto tempo è intercorso tra i due eventi, ciò il primo svio ed il successivo urto.
- Allora, al Capotreno non era possibile comunicare con gli altri operatori (Macchinisti e Conduttori) se non direttamente ed a voce. Neanche a parlarne, poi, con il Dirigente Centrale. Non c'erano ancora i cellulari. Il Capotreno poteva comunicare solo con le stazioni limitrofe tramite i pochi telefoni fissi di linea (a batteria locale), semprecché accessibili e funzionanti. Detto ciò, si chiede come e quando il Dirigente Centrale venne a conoscenza del primo evento.
- A che distanza dalla stazione di XXX il primo svio ?
- Fu il Guardablocco, operante da solo in quell'impianto, ad accorgersi dell'accaduto o, più probabilmente, ne venne informato telefonicamente (o personalmente) dal Capotreno ?
- Di conseguenza il Dirigente Centrale, forse, venne informato dalla postazione telefonica di XXX ?
- Non esisteva allora nessun collegamento tra il Dirigente Centrale ed i telefoni installati lungo la linea.

continua...
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Messaggioda Macaco » 03/01/2016, 10:03

Veniamo ad esaminare adesso il comportamento del Dirigente Centrale, ribadendo che non sappiamo dopo quanto tempo venne a conoscenza dello svio.

- Abbiamo letto :"In realtà egli avrebbe potuto allertare un posto della linea presenziato, prossimo al locomotore sviato».

- Quale posto di linea presenziato ? E con quali mezzi di comunicazione ?

- Leggiamo ancora : « e, contemporaneamente far togliere corrente alla linea aerea».
In effetti poteva contattare, sempre telefonicamente, la Sotto Stazione Elettrica di ZZZ e chiedere di togliere tensione dalla linea aerea di contatto. Ma anche se ciò fosse stato fatto, non è che si schiaccia un semplice interruttore e si toglie corrente. Ma anche disalimentando la linea aerea di contatto i treni circolanti in linea non azionano la frenatura rapida per arrestare il convoglio. Non sanno la ragione dell'avvenuta disalimentazione e proseguono per inerzia. Può solo trattarsi di una mancanza momentanea di energia causata dallo scatto di un sezionatore aereo, riarmato il quale dalla SSE, tutto ritorna normale.

- Sempre in merito all'operato del Dirigente Centrale leggiamo: " ...pur avendo sott'occhio il grafico della circolazione, non riuscì ad arrestare la corsa di un altro convoglio viaggiatori che si stava avvicinando a notevole velocità, in senso inverso, al punto dell'incidente.»

Se un «addetto ai lavori» si esprime in quel modo immaginate quale idea possa farsi il Magistrato Inquirente. Mi giunse voce che al giudice venne consigliata l'opportunità di visitare l'ufficio del Dirigente Centrale ma declinò l'invito. Se l'avesse fatto si sarebbe reso conto degli strumenti con cui operava quel ferroviere. Un grafico compilato a mano con matite colorate, man mano che le stazioni gli comunicavano le ore di passaggio dei treni, ed una consolle telefonica con tanti bottoni corrispondenti alle varie località collegate su quel circuito. E niente altro se non registri ferroviari.

continua...
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Messaggioda Macaco » 04/01/2016, 10:42

Ho conosciuto di persona il Dirigente Centrale ed il Guardablocco coinvolti. Sono stato per anni su quella linea. Credo che le condanne subite dai due ex colleghi non siano derivate tanto dai fatti raccontati bensì da quelli precedenti e non portati alla conoscenza del pubblico. Non posso essere più preciso perchè la storia mi è stata raccontata. Sembra che la presenza dei bufali sui binari era stata già rilevata precedentemente tanto che la circolazione era stata persino interrotta e poi ripresa solo dopo che un treno, avendo percorso la tratta con "marcia a vista", non aveva trovato ostacoli sui binari. Solo che i bufali ritornarono sui binari e successe quel disastro. Gli inquirenti imputarono al DC la mancata richiesta di una più attenta perlustrazione della linea. Perlustrazione da farsi con personale del servizio lavori e magari a piedi o con un carrello a motore. Si volle addossare anche al Guardablocco di XXX la colpa di non aver continuato a prestare una maggiore sorveglianza. Ma poteva, quel povero cristo, individuare al buio ed in lontananza le scure sagome dei bufali in movimento ?

Però c'erano stati dei morti e ci dovevano, per forza, esserci dei responsabili. Ferrovieri, proprietari e/o guardiani dei bufali. 

Di certo la recinzione con filo spinato di quel tratto fu fatto solo dopo l'incidente.

Il magistrato aveva anche contestato il perchè non si era continuato a prescrivere la "marcia vista" ai treni circolanti nel tratto interessato dopo il primo avvistamento dei bufali sui binari e prima del disastro. Tale accorgimento avrebbe sicuramente evitato la tragedia, ma la prescrizione di viaggiare a vista ai treni non poteva essere fatta di iniziativa del Dirigente Movimento della stazione precedente e né, tantomeno, dal Guardablocco di XXX. Era sempre il Dirigente Centrale a dare ordini in tal senso. Ma, come abbiamo visto, un treno precedente non aveva segnalato ostacoli alla normale circolazione, cosicché si viaggiava senza restrizione alcuna alla velocità consentita dalla linea e dai mezzi di trazione.

Ho finito anche con l'incidente 3 . A voi la parola.
Gaetano.
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Messaggioda Giancarlo Giacobbo » 04/01/2016, 14:37

Ma il/i proprietari dei bufali erano stati diffidati dal lasciare liberi gli animali di invadere la linea? In mancanza di questo, ed essendoci questo rischio incombente, a mio parere il DC avrebbe dovuto prescrivere un controllo maggiore da terra e la marcia a vista fino al termine del possibile pericolo.
Giancarlo
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Messaggioda Macaco » 04/01/2016, 16:31

La storia dei bufali fu lunga e travagliata. Se ne scrissero tante. Il proprietario era un politico amministratore locale. Dissero anche che si trattò di un furto o di un trasporto clandestino. Comunque fu condannato anche il guardiano dei bufali. La marcia a vista fu fatta e non venne segnalata la ulteriore presenza dei bufali, solo che le bestie ritornarono sui binari. Non si poteva immaginare che l'avrebbero fatto. La marcia vista non è cosa da poco sia per il pdm che per le macchine, allora reostatiche. Senza contare poi tutti i ritardi conseguenti sulla trafficatissima linea.
Gaetano.
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Messaggioda Macaco » 09/01/2016, 10:52

In un lontano passato ho avuto il piacere e l'onore di lavorare per un breve periodo con un valente funzionario dell'Ufficio Regolamenti ed Inchieste che, a proposito del famoso esempio:

« L'incidentalità ferroviaria è come un iceberg.

- Il Disastro è quello che si palesa.
- Il Mancato Disastro è quello che si intravede.
- Il Pericolato Disastro è quello che sta più nel profondo.»

così lo commentava:

- «Disastro» è quando ci vai a sbattere (anche il diavolo ci ha messo la coda).
- « Mancato Disastro» è quello che si intravede in tempo (un Santo ti ha dato una mano).
- «Pericolato Disastro» è quello che sta più nel profondo (hai avuto proprio culo).
Gaetano.
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Messaggioda sincrono » 11/01/2016, 14:48

Propongo anche io un caso.
La data: 4 Settembre 1959
Località: linea ferroviaria internazionale Modane – Torino, tratta da Salbertrand a Bussoleno a semplice binario ed in forte pendenza.
Treno: il merci 5211 con 41 carri in composizione, dal peso di 850t complessive.
Tipo di distanziamento: non conosco che sistema fosse in atto all’epoca.
Alimentazione della linea di contatto: a corrente alternata trifase 16,7 Hz 3600V.
Locomotiva: E 551, dotata di due compressori elettrici per la produzione dell’aria e di uno meccanico collegato ad un asse, per compensare lo scarso rendimento degli elettrici.
Frenatura: in composizione ci sono carri misti, molti dell’amministrazione francese, dotati di distributori di tipo Westinghouse a scarico diretto.
Il fatto: un treno merci, dal peso di 850t. corre senza controllo ad elevata velocità, fino alla sua tragica conclusione. Il binario di salvamento della stazione di Chiomonte.
Vittime: il caso ha voluto che ci fosse una sola vittima, il Macchinista che, rimasto al suo posto, ha cercato in tutti i modi di rallentare e fermare il treno.
Equipaggio: Macchinista, il suo Aiuto, il Capotreno ed un frenatore.
Il prologo.
Il treno parte dallo scalo di Modane Forneaux al km102 della linea, alle 16 in tripla trazione. Due locomotori in testa ed uno in coda garantiscono la prestazione. Percorre il tratto in ascesa al 28x1000 imboccando il lungo tunnel del Frejus. Fino al km 91 la linea è in ascesa, poi pianeggiante fino al km 85, 1 km prima della stazione di Bardonecchia, dove inizia la lunga discesa fino a Bussoleno.
A Bardonecchia, il treno si ferma regolarmente e vengono tolti i due locomotori di rinforzo. Riparte dopo pochi minuti affrontando la discesa. Non sono a conoscenza della percentuale di massa frenata a disposizione ma, per esperienza posso affermare che sarà stata almeno del 60%, tale da poter garantire una velocità di 40kmh. La corsa prosegue regolarmente con qualche malumore del macchinista che lamenta una scarsa gradualità nella frenatura del convoglio, quando aziona la frenatura, una parte del treno sembra rispondere troppo efficacemente anche alle lievi depressioni in condotta.
(Quanto lamentato dal macchinista, succedeva quando vi erano composizioni miste con freni a scarico diretto e quelli graduabili in sfrenatura ed era avvertibile dal personale, per i movimenti “ a fisarmonica” avvertibili in cabina di guida. Tale situazione è piuttosto critica, specie nella fase di sfrenatura in quanto mette alla prova, seriamente, i ganci di trazione).
Il macchinista era preoccupato per il dover affrontare un rallentamento a 20 kmh con tratto disalimentato e con un freno che rispondeva in maniera brusca, poteva essere un problema…
Il rallentamento era situato nella galleria Serre de La Voute, tra Salbertrand ed Exilles. Riuscire ad arrivare all’inizio del rallentamento, in un tratto con la pendenza del 30x1000,con la giusta frenatura e a pantografi bassi, era già difficile in condizioni normali e, con un freno che rispondeva malamente come quello, la cosa diventava quasi impossibile. E il treno, come volle il destino, si fermò proprio sotto il tratto disalimentato. Situazione molto critica! Il macchinista sapeva che aveva una sola alternativa. Garantire l’immobilità del treno serrando i freni a mano e calzando con pietrisco le ruote di locomotiva e carri. Cosa che le voci ufficiali affermarono, fu fatta. Capotreno, aiuto macchinista e frenatore, si prodigarono per provvedere mentre il Macchinista rimase in cabina a vigilare.
Ma le cose non andarono come si voleva. Da quanto pubblicato sui giornali dell’epoca, risultato dall’inchiesta,mentre il personale era intento alle operazioni, il treno si mosse all’improvviso acquistando rapidamente velocità. Capotreno e frenatore riuscirono a salire su una garitta mentre l’aiuto, cercando di raggiungere il locomotore, cadde rovinosamente a terra procurandosi alcune ferite al volto e alle gambe. Possiamo immaginare cosa deve aver provato il povero Macchinista sentendo il treno muoversi, non avendo a disposizione l’aria sufficiente per tentare una rapida ricarica della condotta seguita da una frenatura sufficiente ad arrestare il treno. Di sicuro tentò di tutto ma tutto quello che fece, non fu sufficiente a risolvere la situazione. L’aiuto, sanguinante e al buio della galleria, riuscì ad avvisare la stazione di Exilles e questa avvisò del pericolo Chiomonte che, appena in tempo, riuscì ad evitare la partenza di un treno locale carico di pendolari che risaliva. La corsa del treno senza controllo si arrestò ,con la parte di testa sul binario di salvamento e con una parte deragliata sugli scambi di ingresso. Chi assistette alla sciagura, disse di aver sentito un rumore tipo quello di un reattore a bassa quota e di aver visto arrivare il treno ad una velocità inaudita. Capotreno e frenatore rimasero quasi illesi.
Per ora basta. Prossimamente racconterò un’altra versione degli ultimi istanti e cercherò di spiegare i fattori concomitanti che contribuirono all’incidente.
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Messaggioda Macaco » 11/01/2016, 16:40

Complimenti a Guido per l'esposizione.
Per il momento, in attesa del seguito, posso "integrare" il brano con due brevi pezzi prelevati dal servizio sulle spinte.
==========
Il punto nevralgico di tutto il traffico ferroviario nei tratti acclivi si trova a monte, sui cosiddetti
“valichi”. L'impresa della costruzione dei tunnel era titanica per quei tempi, considerata anche la
tecnologia a disposizione. Il progetto seguiva i dettami di allora: bucare la montagna il più in alto
possibile per ridurre la lunghezza dello scavo. Di solito si sceglieva un tracciato non molto discosto
dal passo già esistente. La tecnica adottata era la cosiddetta “a schiena d’asino”: rampe in salita
agli ingressi fino al “culmine” del tunnel per consentire la fuoriuscita delle acque d’infiltrazione.
Così possiamo benissimo comprendere come si possa arrivare anche ad ascese che arrivano quasi
al 30 per mille.
Considerato che pendenze nell’ordine del 16-18 per mille già costituiscono ostacolo all’agevole
trazione ferroviaria, potete ben comprendere in quale situazione ci si trova. Problemi non solo in
salita ma anche in discesa per la frenatura dei convogli. Certamente non costituivano un problema
per i traffici gravanti sulle linee nel XIX secolo. I leggeri treni potevano essere trainati anche da un
solo mezzo. La disponibilità di locomotive e macchinisti garantivano anche la circolazione dei pochi
treni pesanti.
La costruzione delle linee ferroviarie in Italia ha determinato, a causa dell’orografia, molte situazioni
con tunnel e rampe. Ad una buona parte di esse si è rimediato con nuovi trafori alla base della
montagna anziché in quota. Ne cito solo alcune. Monte Olimpino 2, per eliminare la sal
Camerlata, Como e Chiasso. La galleria “Santa Lucia” da Nocera Inferiore a Salerno, sotto il valico di
Cava dei Tirreni e Vietri sul Mare. La nuova galleria sotto i Peloritani tra Messina e Villafranca Tirrena,
abbandonando il vecchio tracciato a semplice binario da Messina Scalo al culmine di Gesso passando
per la rampa di Camaro. Su quelle vecchie linee esisteva appunto la doppia e la tripla trazione con
enorme impiego di mezzi e personale a fronte di scarso tonnellaggio trasportabile. Anco
è stata la galleria “San Marco” tra Paola e Castiglione Cosentino. Il traforo ha mandato “in pensione” la
caratteristica linea a “cremagliera” (ruota dentata) che s’inerpicava per la montagna regalando ai
viaggiatori stupendi paesaggi. Le merci dirette a Cosenza, però, dovevano fare il giro della linea ionica
passando per Sibari.
==========
- Stazione di Camaro
Anche questa stazione era dotata di tre binari, ma con una particolarità molto sfruttata.
Era l'unica stazione della tratta che permetteva l'arrivo contemporaneo dei due treni incrocianti.
Infatti il primo ed il terzo binario avevano l'itinerario di arrivo indipendente che proseguiva verso i
due tronchini: treni dispari tronchino lato Gesso, treni pari tronchino lato
Messina Scalo. Quest'ultimo, più che un tronchino, era un vero e proprio binario di salvamento.
Infatti era il diretto prolungamento del binario di corsa che andava a finire in un lungo tronchino
terminante con una livelletta. In questo modo un treno avente fermata, uscendo dalla galleria, se
non riusciva a frenare sulla forte discesa, poteva terminare la propria corsa proprio su quella
rampa artificiale. Questo tronchino, se non ricordo male, era lungo dai 300 ai 400 metri. Anche
questa stazione non scherzava con il numero degli incroci e dei dispacci. Come a Gesso, spesso
succedeva a Camaro di avere i tre binari occupati da tre treni, di cui uno subiva anche la
precedenza oltre all'incrocio. Ovviamente la spinta trovava posto nel lungo tronchino. A differenza
di Gesso questa stazione era nel paese perciò abbastanza frequentata.
==========

Sulle linee di montagna oltre ai tronchini di "salvamento" vi erano anche gli scambi con gli "aghi a terra" vale a dire un ramo deviato indirizzava i rotabili in uno spiazzo libero, senza rotaie dove essi potevano deragliare senza incontrare ostacoli.
Gaetano.
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Messaggioda sincrono » 12/01/2016, 13:13

Proseguo nella descrizione.
Da quanto ho potuto appurare, quel treno ha percorso circa 9 km in quelle condizioni. Considerato la ripidità della tratta percorsa se fosse stato completamente privo di frenatura, secondo il mio parere, sarebbe sviato prima. Presumo che una parte del treno fosse frenata, così come la locomotiva. Le testimonianze parlano di un treno lanciato a fortissima velocità, ma non ne sono molto convinto. Lo dimostra anche il fatto che la prima parte del treno non sviò sul deviatoio di ingresso. Uno scambio da percorrere a 30kmh, può reggere anche il doppio della velocità, ma molto dipende dal tipo di materiale che lo percorre e dallo scambio stesso. Una elettromotrice rimarrebbe sicuramente sui binari. Un treno merci, per giunta con una locomotiva dal passo rigido, come erano le trifasiche, proprio no. Potrebbe anche starci l'ipotesi che, all'epoca, la stazione di Chiomonte fosse dotata per certi itinerari con deviatoi da 60kmh, ma questo non sono in grado di verificarlo. Poi, un'altro particolare gioca a favore della tesi che il treno non avesse una elevatissima velocità: le bielle di trasmissione della E 551 non si ruppero. Le bielle avevano una massa importante e, per il fatto di avere le ruote di piccolo diametro, già ai 50 kmh (limite del locomotore), giravano molto veloci. C'era la massa equilibratrice, ma oltre una certa velocità, i perni non avrebbero retto. Dal punto di vista dei testimoni, sapere che è in arrivo un treno senza alcun controllo, può anche influenzare la stima visiva. Probabilmente, il macchinista aveva fatto tutto il possibile per contenere la corsa e si è trovato a dover rapidamente decidere su due opportunità:
- se aveva ancora a disposizione dell'aria nella condotta del freno, aumentare, fino alla scarica completa della condotta, con la speranza di vedere aumentare l'azione frenante.
- cercare di ricaricare la condotta per tentare di "ridonare" capacità frenante ai carri scarichi e poi frenare...
Sono convinto che mise in atto la prima ipotesi perchè, quelle macchine, per ricaricare la condotta con gli scarsi compressori installati, ci mettevano una vita ( a titolo di esempio, quando ci si attestava ad un lungo treno merci, in una stazione di origine e con le capacità completamente vuote, con una E 626, i tempi di ricarica prima di essere pronti alla prova del freno, impiegando anche 15'-20' e la 626 aveva compressori più efficienti, oltre che a serbatoi più capaci caricati ad una pressione superiore).
Quindi, sono convintissimo che il poveretto avesse preso in considerazione solo la prima ipotesi. Non aveva alternative. Tutt'al più, avrà dato la massima frenatura alla locomotiva, agendo anche sul freno moderabile. Una situazione terribile!
Quello che non è chiaro è come sia stato possibile che quel treno, fermo, si possa essere avviato da solo.
E qui si affaccia un'altra ipotesi.
Un treno fermo, sotto un tratto neutro di poche decine di metri... Perchè non tentare di sfrenare scaricando i cilindri del freno tramite l'apposita funicella? Magari, sfrenando un certo numero di carri, questo si sarebbe mosso lentamente fino a raggiungere il tratto alimentato...
Mettiamo le mani avanti. Una operazione come quella non era prevista da nessuna norma regolamentare quindi, se è stata fatta, è stato un vero azzardo.
Qui occorre mettersi nei panni del macchinista e cercare di ragionare con la sua testa (chiaramente, si sentiva responsabile di quella fermata indesiderata, proprio non accettava di essere rimasto bloccato e dover chiedere il supporto di altre locomotive che avrebbero duvuto esse almeno due e inviate in coda per poter tirare il treno fuori dalla galleria in senso inverso, visto che davanti aveva un tratto non alimentato). Se sfreniamo leggermente, azionando la funicella dei carri con distributore Breda, potremmo muoverci lentamente, senza pericolo e riprendere la frenatura appena dopo il neutro... Ipotesi valida ma che non tenne conto dell'imponderabile. Nel tratto in cui il treno era rimasto fermo, vi erano degli operai che lavoravano per risistemare la massicciata. Erano fermi, in attesa che il treno si togliesse per poter ripartire con i lavori. Vedendo che il personale stava agendo sulle valvole di scarico, pensarono di aiutarli, tirando le funicelle dei carri fermi davanti a loro. Non avendo conoscenza dei sistemi frenanti, avevano pensato di aiutare... (probabilmente, quello non fu l'unico treno che si era fermato in quel punto), solo che le funicelle tirate furono troppe e il treno si mosse.
Rimango a disposizione per eventuali domande.
Guido
sincrono Non connesso

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Messaggioda Macaco » 12/01/2016, 17:13

La dettagliata descrizione di Guido mi porta a fare alcune considerazioni.
- Con la dovuta competenza e tatto si possono affrontare i delicati temi dell'incidentalità ferroviaria facendo nello stempo tempo opera di divulgazione tecnica, tanto necessaria a comprendere le varie dinamiche. Quindi ben vengano gli altri interventi mantendo inalterati i principi basilari che regolano questa discussione.
- La cordicella del freno è stata chiamata in causa già in un altro incidente precedentemente trattato. Sarebbe gradita una più approfondita trattazione dell'argomento (magari a cura dello stesso Guido od altri esperti), evidenziando le differenti tipologie (Breda, West, Valvola tripla, ecc).
- Nella conclusione l'amico "sincrono" cita dei particolari non conosciuti forse neppure dai relatori dell'inchiesta. Mi riferisco al contributo dato dagli operai al verificarsi dell'incidente. Orbene posso dire senza tema di smentita, che in quasi tutti gli incidenti ferroviari ci sono delle zone d'ombra che non vengono sufficiemtemente "illuminate" e portate a conoscenza di tutti. Abbiamo visto che a determinare l'errore umano spesso concorrono tutta una serie di coincidenze negative quali per esempio:
a)- eccesiva stanchezza non avendo riposato prima di fare il turno notturno (Guardablocco semiaddormentato spiomba il TLA del BEM senza accorgersi che il treno è ancora fermo al segnale di protezione).
b)- pdm che spezzano e lasciano in linea una parte del porprio treno avendo intercettato la condotta del freno proprio nel punto dove si spezza, non avendo forse la voglia, la competenza o gli attrezzi adatti a sostituire un tubo flessibile rotto.
c)- personale di stazione che non si accorge che il treno non è completo e concede la via libera di BEM con la linea ingombra ( forse uno dei due agenti in servizio dormiva e l'altro guardava la TV).
d)- pdm, litigando tra di loro in macchina per motivi personali, saltano un rallentamento e deragliano.
e)- pdm e manovratore, chiacchierando spassionatamente, si inoltrano in linea anzicchè fermarsi dopo aver liberato alcuni dcb. Rientrando in stazione vengono investiti da un treno messo, erroneamente, in transito dal DM avendo tutti i cdb liberi.

Potrei continuare con l'elenco di "concause" sconosciute o poco evidenziate ma è opportuno rimanere nel vago. Spero solo di essere riuscito a far comprendere che la ricostruzione e l'esposizione dei fatti riesce ad evidenziare solo una parte della verità. E che quella parte di verità se può essere compresa nella sua dinamicità ferroviaria non è altrettando facile evidenziarla senza conoscere appieno le ragioni che stanno alla base della fallacità umana di quei tristi momenti.
Gaetano.
Scusatemi. Io appartengo al passato delle FS. Non sono ingegnere e sono contrario al cazzeggio...ferroviario.
Macaco Non connesso

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