Sulla scia dei magnifici racconti del Don , vorrei provare a raccontare qualche cosa anche io..........
L’esercizio ferroviario italiano, in armonia con le conclusioni di un’inchiesta parlamentare avviata verso il 1880, era stato affidato all’industria privata ( un po’ come succede aimè oggi…….), mediante le cosidette convenzioni, approvate nel 1885 . La proprietà della strada ferrata restava allo Stato.
Il complesso ferroviario venne suddiviso in due grandi reti, divise dallo spartiacque appenninico: la Mediterranea e l’Adriatica, concesse rispettivamente in esercizio alla Società italiana per le Strade ferrate del Mediterraneo ed alla Società italiana per le strade ferrate meridionali.
Lo Stato a mezzo della propria Direzione Generale del Ministero dei Lavori Pubblici si riservò, col controllo finanziario ed economico della gestione, quello tecnico dell’esercizio.
Le convenzioni stipulate fra lo Stato e le Società concessionarie, prevedevano che le stesse, a loro spese (ovviamente !), potessero eseguire opere stabili, anche se non necessarie, tali da migliorare l’esercizio, nonché l’obbligo verso le stesse di apportare tutti gli interventi per migliorare tecnologicamente la rete data loro in concessione, con l’obbligo da parte del governo di rilevarle, pagandole a prezzo di stima, una volta che fosse scaduto il contratto.
Sulla base di queste considerazioni, valutando l’orografia di molte linee ferroviarie italiane, ci si rende subito conto come l’innovazione più utile possa essere rappresentata dall’introduzione della trazione elettrica, infatti le nostre linee principali si presentano molto acclivi e con frequenti gallerie (basti pensare alle linee di valico che uniscono il porto di Genova alla pianura Padana) e, in un Paese povero di strade come era l’Italia dei primi del 900, si comprende subito l’essenzialità delle ferrovie per il trasporto di merci e persone. La trazione dei convogli,il cui peso cresceva sempre più, all’epoca veniva svolta con l’impiego di locomotive a vapore, quasi sempre in multipla trazione, con tutti i problemi di prestazioni scarse, condizioni disumane per il Pdm, costi di esercizio esorbitanti derivanti dall’importazione del carbone, aggravio delle condizioni di respirabilità delle gallerie,scarsa potenzialità delle linee,ecc. Un altro scopo della trazione elettrica era quello di rendere meno costoso l’esercizio sulle linee a scarso traffico della nostra rete.
Con queste premesse nel 1897, il ministero dei Lavori pubblici istituì una Commissione per lo studio della trazione elettrica, che concluse i propri lavori indicando proposte concrete di esperimenti utili per individuare il sistema più conveniente da un punto di vista tecnico ed economico.
Oggi obiettivi così ristretti possono farci sorridere, ma non bisogna dimenticare che all’epoca l’energia elettrica applicata al campo industriale era ai limiti della fantascienza. Le uniche esperienze di trazione elettrica era nell’ambito tranviario peraltro applicata a poche decine di chilometri nelle lontane Americhe …. I criteri costruttivi di questi tranvai elettrici si rivelarono subito inadeguati all’esercizio ferroviario, dove le prestazioni richieste erano notevolmente superiori (per l’epoca ovviamente….) ……
continua…..