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Il trifase

MessaggioInviato: 20/04/2013, 20:40
da freelancer
Apro una discussione su questo sistema di alimentazione elettrica perchè vedo che non se ne è parlato molto, nel forum quasi nulla.
Inziamo a ordinare le idee: qualcuno ha documentazioni tecniche sul sistema?
Avere informazioni tecniche (oltre a quelle storiche) penso sia condizione necessaria per discuterci, no?

Avrei una richiesta apparentemente semplice: per l'isolamento furono usati sia isolatori a gola, usati spesso anche per vecchi pantografi, ma in diversi casi furono usati isolatori "a diabolo". Che roba sono? ne avete una foto di uno, magari da un vecchio catalogo di fabbrica? Che vantaggi davano? Ammesso e non concesso che non fossero quelli a gola fatti da qualche fabbrica particolare.

Un conoscente cacciatore mi ha parlato di palle con quel nome (diabolo)che hanno una sezione biconica convergente-divergente (due coni contrapposti con superficie minore a contatto); immagino che gli isolatori fossero fatti in maniera simile.

Re: Il trifase

MessaggioInviato: 20/04/2013, 21:21
da ALn668.1207
Ho due foto che ritraggono questi isolatori.
Non so dove siano state fatte di preciso, la zona è il bolognese, me le avevano passate perché c'era la possibilità di recuperarli, ma non ne ho più avuto notizia.
Si vedono isolatori di vari tipi, spiccano i manicotti e i diaboli montati su aste che parrebbero delle mensole di sostegno un po' particolari, sempre che siano originali e non fatte solo per metterli da parte.

Immagine

Immagine

Re: Il trifase

MessaggioInviato: 20/04/2013, 21:33
da freelancer
Nulla di strano che ce ne fossero, come noto a Bologna, per soli 7 anni, il trifase c'era arrivato.
I diaboli sono quelli con due coni e il cilindro in mezzo?
Ma che vantaggi dava rispetto agli altri? Miglior isolamento verso terra?

Re: Il trifase

MessaggioInviato: 20/04/2013, 21:54
da ALn668.1207
Si, sono quelli.
Nella seconda foto si vedono a sinistra i manicotti, quelli con tre anelli per estremità, i diaboli hanno i coni e un ulteriore anello interno.
Forse erano stati disegnati così per avere un migliore isolamento ma la costruzione era più complicata e forse erano anche meno robusti rispetto ai manicotti.
Io non li ho mai visti in uso, anzi non ne conoscevo nemmeno l'esistenza prima di queste foto.

Re: Il trifase

MessaggioInviato: 21/04/2013, 0:21
da Giancarlo Giacobbo
Io ho documentazione su un volumetto edito dal CIFI intitolato "Trazione elettrica". Dovrei scansionarevtutte le pagine interessate e poi inserirle.
Per quanto riguarda gli isolatori detti "a diavolo", a detta del su menzionato libro, venivano usati sulle mensole delle sospensioni della linea aerea montata in galleria.

Re: Il trifase

MessaggioInviato: 21/04/2013, 11:43
da freelancer
Qualcuno ha una foto ravvicinata dello snodo usato in piena linea per permettere ai fili di compensare i movimenti degli striscianti e rimanere sempre entrambi in contatto? Nelle foto, essendo prese da terra, si vede solo una cosa vagamente a trapezio.

Non so chi abbia adottato il termine "diabolo", forse era un marchio di fabbrica*, ma è scritto proprio con la B. C'ero "cascato" pure io la prima volta che ho letto il termine... :shock:
Un fatto a favore del marchio di fabbrica: le prime sospensioni (credo fossero Siemens) tedesche per catenarie usavano isolatori identici ai "diaboli" ma lì erano noti solo come Rillenisolatoren, isolatori scanalati.

*forse non è più usato come tale, per questo è anche il nome di un tipo di pallottola da caccia (diabolo bullet).

Re: Il trifase

MessaggioInviato: 21/04/2013, 13:32
da Giancarlo Giacobbo
Si, hai ragione, rivedendo quello che ho scritto in preda al sonno, il termine esatto e' "diabolo" . È stato il correttore automatico che lo ha trasformato in "diavolo" :oops:

Re: Il trifase

MessaggioInviato: 21/04/2013, 14:13
da Giancarlo Giacobbo
freelancer ha scritto:Qualcuno ha una foto ravvicinata dello snodo usato in piena linea per permettere ai fili di compensare i movimenti degli striscianti e rimanere sempre entrambi in contatto? Nelle foto, essendo prese da terra, si vede solo una cosa vagamente a trapezio.

Le linee trifasi non avevano i conduttori a tesatura compensata. Quella che dici tu non è altro che la poligonazione dei fili che era contrapposta, tale da sembrare sulla lunghezza un trapezio con l'altezza molto alta.
Le linee avevano due modi per essere sospese, una era trasversale al binario ed era applicata alla sospensione sul palo stesso. Le campate però non potevano essere più lunghe di 35 m., Si usavano in curva e su linee di montagna. Con un tiro di 1000kg nelle condizioni peggiori di alta temperatura avevano pero' al centro una freccia di circa 50cm. L'altro sistema era quello longitudinale ed era una sospensione simile a quella per la c.c. a catenaria. Con questo sistema si potevano avere in rettifilo campate lunghe fino a 50m. con una freccia al centro di circa 16cm.
Questo secondo sistema era nettamente migliore del primo perché riduceva notevolmente i distacchi degli striscianti degli archetti di presa.

Re: Il trifase

MessaggioInviato: 21/04/2013, 15:10
da freelancer
Il "trapezio" che intendevo io è uno strano oggetto metallico posto fra l'isolatore e il filo. Si vede qualcosa di forma trapezoidale (o triangolare) con la base maggiore in basso e nel cui mezzo è posto l'attacco per il filo (o i due fili, nelle riprese di piena linea).
Pare che questo poligono fosse in realtà snodato proprio per i problemi che le linee trifasi avevano, fra cui quello di non essere tesate.
Guarda questa foto di una E.330: all'estremità destra della foto. Che siano snodi si capisce da quello del binario vicino: quello dove si trova la locomotiva ha questo poligono più schiacciato a causa della pressione degli striscianti, quello adiacente (dove locomotive non ci sono) ha il poligono più esteso. Pare un minuscolo pantografo, a vederlo.
In questo disegno sembra invece un sostegno simile a quelli usati in certi impianti filoviari.
Cos'era?

Re: Il trifase

MessaggioInviato: 21/04/2013, 19:43
da Giancarlo Giacobbo
Penso che sfogliando queste pagine potrai avere la risposta alle tue domande.
http://digilander.libero.it/gigispace/S ... RIFASE.pdf
Vedi la figura 111

Re: Il trifase

MessaggioInviato: 22/04/2013, 18:47
da andm
Il trifase è stato sempre un argomento che mi ha affascinato, nonostante sia nato troppo tardi per vedere in azione qualche locomotiva.
Rispetto al sistema a corrente continua sono due gli aspetti che ho faticato di più a capire, quando ancora l'elettrotecnica per me era quasi sconosciuta:
1. i motori trifase a induzione hanno una velocità fissa a pari numero di poli e frequenza: una loco trifase viaggiava sempre alla stessa velocità di regime, qualsiasi carico le fosse applicato; nella cc, invece, la loco rallenta se le viene applicato un carico maggiore (in soldoni, eh)
2. il fatto che i due fili fossero due fasi e la terza fase fossero le rotaie, a terra (come indicato nel prezioso PDF postato da Giancarlo): sistema diverso da quello trifase industriale utilizzato nel 99,99% dei casi

L'aspetto veramente spartano delle cabine delle locomotive, non separate dal compartimento delle apparecchiature elettriche, la presenza delle bielle come trasmissione tra gli assi, le fumate di vapore dovute al raffreddamento del reostato e l'aspetto esteriore di queste macchine mi hanno sempre colpito.

Re: Il trifase

MessaggioInviato: 22/04/2013, 20:19
da fas
Grazie per la scansione Giancarlo, molto interessante.
Ora la leggo con calma, cercando di capire come veniva realizzata la linea aerea in corrispondenza degli scambi :shock:

Re: Il trifase

MessaggioInviato: 22/04/2013, 21:24
da ALn668.1207
andm ha scritto:Il trifase è stato sempre un argomento che mi ha affascinato, nonostante sia nato troppo tardi per vedere in azione qualche locomotiva.
Rispetto al sistema a corrente continua sono due gli aspetti che ho faticato di più a capire, quando ancora l'elettrotecnica per me era quasi sconosciuta:
1. i motori trifase a induzione hanno una velocità fissa a pari numero di poli e frequenza: una loco trifase viaggiava sempre alla stessa velocità di regime, qualsiasi carico le fosse applicato; nella cc, invece, la loco rallenta se le viene applicato un carico maggiore (in soldoni, eh)
2. il fatto che i due fili fossero due fasi e la terza fase fossero le rotaie, a terra (come indicato nel prezioso PDF postato da Giancarlo): sistema diverso da quello trifase industriale utilizzato nel 99,99% dei casi

L'aspetto veramente spartano delle cabine delle locomotive, non separate dal compartimento delle apparecchiature elettriche, la presenza delle bielle come trasmissione tra gli assi, le fumate di vapore dovute al raffreddamento del reostato e l'aspetto esteriore di queste macchine mi hanno sempre colpito.


Il motore asincrono possiede una limitata capacità di regolazione della velocità, in effetti tende a raggiungere quella di sincronismo ma permane una differenza detta "scorrimento" che è più o meno elevata in base al carico.
Variando la tensione applicata lo scorrimento aumenta, lo si otteneva collegando in serie ("in cascata") i motori ed inserendo il reostato di avviamento in serie al rotore per limitare la corrente all'avviamento.

La soluzione del sistema "a delta" piuttosto che a "triangolo" risponde alla esigenza di non dover ricorrere a tre fili aerei con tuttle le ovvie complicazioni del caso.

Comunque già così il sistema è complicato e bisogna riconoscere che quanti lavorarorono alla sua messa a punto erano persone di indubbia capacità tecnica.
Cent'anni fa più di così non si poteva fare e si fece quanto di meglio era possibile.

Re: Il trifase

MessaggioInviato: 22/04/2013, 23:16
da Giancarlo Giacobbo
Poiché il numero dei giri di un motore asincrono trifase è strettamente legato alla frequenza della tensione di alimentazione e al numero delle coppie polari del motore (n=60 x f/p), l'unico sistema che allora c'era, era quello di variare il numero dei poli di eccitazione. Per la frequenza si scelse il valore basso di 16,7Hz (1/3 della frequenza industriale) per permettere, variando il numero dei poli, una serie di gradini di velocità di rotazione possibili per la trazione ferroviaria. Poiché si rese necessaria una ulteriore bassa velocità, si escogitò la maniera di mettere in serie i motori, che normalmente erano due, prendendo le tensioni indotte nell'avvolgimento rotorico di un primo motore e mandarlo ad alimentare l'avvolgimento statorico del secondo. In questa maniera il numero di giri dei due motori diminuiva ulteriormente. Il sistema fu chiamato "eccitazione in cascata".
Sui moderni locomotori con i motori azionati da sistemi trifasi, i motori non sono avvolti ma a gabbia di scoiattolo, e la variazione di velocità viene data variando la frequenza di alimentazione e il tempo di conduzione della semi onda.

Re: Il trifase

MessaggioInviato: 23/04/2013, 8:04
da ALn668.1207
Aggiungo che la tecnologia dell'epoca non consentiva la fabbricazione di ingranaggi in grado di trasmettere le grandi potenze dei motori di trazione, pertanto la trasmissione a bielle era d'obbligo anche per risolvere il problema di accoppiare motori e assi lasciando agli assi il necessario grado di libertà per la sospensione.
Questo imponeva il rapporto di trasmissione di 1:1, di conseguenza il motore doveva ruotare ad un basso numero di giri, ottenuto con un elevato numero di poli.
Ugualmente si dovette ridurre la frequenza per abbassare le velocità di rotazione, probabilmente i 16 2/3 Hz furono il compromesso tra l'ingombro e la possibilità di ottenere questa frequenza con delle convertitrici rotanti a partire dalla frequenza di rete (1/3 dei 50Hz).
Infatti più è bassa la frequenza e più la macchina risulta ingombrante a parità di potenza.
Le velocità principali dipendevano dal numero di poli del motore, ma non era possibile inserire più di due serie di avvolgimenti statorici, impossibile farli stare nello spazio a disposizione.

Insomma una serie di limitazioni da far tremare le vene e i polsi, eppure riuscirono nel loro intento.

Nel frattempo tedeschi e svizzeri tentavano di far funzionare in alternata il motore a collettore con eccitazione in serie, riuscendoci ma anche loro a prezzo di notevolissime difficoltà tecniche, pervenendo alla maturità tecnica più o meno mentre da noi si affermava il sistema a corrente continua.

Oggi tutto ciò fa "sorridere" se si pensa a che cosa si può fare.
Ho visitato a marzo la Siemens a Norimberga, dove si realizzano motori ed azionamenti ferroviari.
E' impressionante vedere quanto è piccolo il motore da 1.6 MW delle ES64 (Taurus E190, E189) che è grossomodo la metà, come dimensioni, rispetto a quello da 350 kW adottato a suo tempo sulle E.636.